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- Scritto da Teresa Moio
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Mi presento sono Teresa Moio, da quasi un anno collaboro come volontaria con l’Associazione Nolite Timere onlus, che si occupa delle adozioni a distanza dei bambini in Rwanda.
Quando mesi fa mi è stato proposto di recarmi per un periodo di volontariato in Rwanda, ne sono stata subito entusiasta, si trattava di qualcosa veramente di nuovo. Entusiasmo non tradito, quando si dice che l’Africa ti rimane nel cuore, è proprio vero, ora posso affermarlo anch’io.
Con Rita sono arrivata a Kigali il 17 agosto, ad attenderci all’aeroporto c’erano Suor Delfina madre superiore dell’Istituto F. Smaldone e Suor Fatima della Nunziatura Apostolica.
Dopo il pranzo all’Istituto e una breve sosta in Nunziatura, in serata siamo arrivate alla Citè di Nazareth. Finalmente si arrivava nel posto di cui avevo sentito parlare per mesi, di cui avevo visto foto, ma la cosa più bella è stata sicuramente il calore, l’affetto dei bambini, e la commozione dei più grandi.
Fin dall’arrivo in questo splendido paese, lungo la strada che ci portava alla Cité, la mia impressione è stata di trovarmi in un paese completamente diverso da come me lo immaginavo. Diverso sicuramente per i suoi paesaggi, per le colline di un verde intenso, che nonostante il prolungato periodo di siccità , ti lasciano affascinata, un ricordo indelebile.
Diverso anche per il ritmo della vita, completamente diverso da quello del mondo occidentale. Per strada vedi un brulicare di persone, donne con i figlioletti al seguito, vanno nei campi, per poi andare al mercato a vendere quel poco che la terra gli offre. Ragazzi che percorrono chilometri per tornare a casa dopo una giornata di scuola.
Il ricordo più nitido è quello di bambini piccolissimi, avranno forse tre, quattro anni, che camminano con queste taniche gialle in testa, alla ricerca di un po d’ acqua.
Fin da piccoli si impara cos’è lo spirito di sacrificio.
Bambini che nonostante la povertà ti sorridono, ti vengono incontro, contenti per uno sguardo, una parola, una carezza, una semplice caramella. Per loro è tanto.
Non potrò mai dimenticare i volti dei bambini degli Istituti a cui abbiamo fatto visita , quello di Madre Teresa di Calcutta e quello di Padre Vito. Esci da questi posti con una tristezza infinita. Ma sicuramente quelli che ti rimangono sono i visi dei bambini della Citè. Bambini di cui avevo sentito parlare per mesi in associazione, in quel momento mi sembravano tutti uguali, e non riuscivo a collegare i nomi con i relativi volti. Ma non è importante, basta un loro sguardo, e tutto passa.
I più grandi, gli adolescenti ti vedono con diffidenza, tu per loro sei lo straniero, l’uomo bianco, che deve portare necessariamente denaro o altro. Ho notato in questi ragazzi un senso di apatia, di sfiducia. D’altra parte sono quelli che hanno vissuto gli orrori della guerra, stentano ad andare avanti, a crearsi qualcosa per il proprio futuro. Anche se come sempre ci sono delle eccezioni, ragazzi in gamba che possono fare molto per il paese.
La mia impressione è che a distanza di anni dal genocidio, la situazione del paese è ancora difficile, si vive in un clima di tensione perenne, pacata e non visibile agli occhi di tutti. Un paese che vuole andare avanti, ma non è ancora pronto, non ha le forze necessarie per farlo. Gli adulti sono distrutti moralmente, non possono cambiare la loro mentalità, il loro modo di essere.
Per questi motivi, credo che il futuro del Rwanda è nelle mani delle nuove generazioni.
Si deve investire quindi nella crescita, nell’istruzione, puntare sulle loro potenzialità. Investire su quello in cui possono riuscire meglio. Sicuramente è difficile caso per caso, ma bisogna provarci, perché come ho già detto, ci sono casi promettenti, ragazzi che sanno quello che vogliono.
Quello che si fa non è mai abbastanza.
Ricordo una frase di Madre Teresa di Calcutta: “quello che facciamo è solo una piccola goccia nell’oceano ma se non ci fosse quella goccia all’oceano mancherebbe”.
Volontaria Teresa Moio